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BILLonline - Le piccole virtù
Il Maggio dei Libri
TRAMA
Il libro raccoglie undici memorie, scritte in un arco temporale molto lungo, per lo più considerate di genere ibrido, a metà tra il saggio ed il racconto, in cui l’autrice condensa riflessioni, ricordi, considerazioni personali:
Inverno in Abruzzo, (1944), in cui prevalgono i ricordi del periodo trascorso dall’autrice con i figli ed il primo marito, Leone Ginzburg, condannato al confino in Abruzzo;
Le scarpe rotte, (1945), in cui la scrittrice narra i momenti difficili trascorsi durante l’infanzia a Roma nel periodo dell’ occupazione tedesca;
Ritratto d’ un amico, (1957), in cui l’autrice parla del suo caro amico Cesare Pavese;
Elogio e compianto dell’Inghilterra, (1961), una sorta di reportage dell’Inghilterra laburista di quegli anni, in cui la Ginzburg si era trasferita con il secondo marito Gabriele Baldini;
La Maison Volpé, (1960), scritto come il precedente negli anni di soggiorno in Inghilterra, in particolare riguardo al cibo;
Lui e io, (1962), in cui l’autrice narra l’incontro ed il rapporto con il suo secondo marito;
Il figlio dell’uomo, (1946), in cui la scrittrice si immedesima nella generazione appena uscita dall’oppressione fascista e dalla guerra;
Il mio mestiere, (1949), in cui la Ginzburg parla del suo lavoro di scrittrice;
Silenzio, (1951), un saggio sul tema dell’incomunicabilità e della solitudine;
I rapporti umani, (1953), in cui l’autrice parla delle proprie relazioni con familiari ed amici;
Le piccole virtù, (1960), racconto che dà il nome all’intera raccolta, in cui la scrittrice affronta il tema delle virtù che influiscono sull’educazione dei figli.
PREFAZIONE di Adriano Sofri
Videolettura a cura di Paola Tinchitella
INCIPIT E BRANI SIGNIFICATIVI
Brani tratti dall’edizione Einaudi 1962.
Nell’incipit del primo racconto l’autrice descrive il paesaggio abruzzese:
“In Abruzzo non c'è che due stagioni: l'estate e l'inverno. La primavera è nevosa e ventosa come l'inverno e l'autunno è caldo e limpido come l'estate. L'estate comincia in giugno e finisce in novembre. I lunghi giorni soleggiati sulle colline basse e riarse, la gialla polvere della strada e la dissenteria dei bambini, finiscono e comincia l'inverno. La gente allora cessa di vivere per le strade: i ragazzi scalzi scompaiono dalle scalinate della chiesa. Nel paese di cui parlo, quasi tutti gli uomini scomparivano dopo gli ultimi raccolti: andavano a lavorare a Terni, a Sulmona, a Roma. Quello era un paese di muratori: e alcune case erano costruite con grazia, avevano terrazze e colonnine come piccole ville, e stupiva di trovarci, all'entrare, grandi cucine buie coi prosciutti appesi e vaste camere squallide e vuote. Nelle cucine il fuoco era acceso e c'erano varie specie di fuochi, c'erano grandi fuochi con ceppi di quercia, fuochi di frasche e foglie, fuochi di sterpi raccattati ad uno ad uno per via. Era facile individuare i poveri e i ricchi, guardando il fuoco acceso, meglio di quel che si potesse fare guardando le case e la gente, i vestiti e le scarpe, che in tutti su per giù erano uguali.”
Al termine dello stesso racconto, la scrittrice riflette sul destino degli uomini e riporta la tragica esperienza della morte del suo primo marito:
“C'è una certa monotona uniformità nei destini degli uomini. Le nostre esistenze si svolgono secondo leggi antiche ed immutabili, secondo una loro cadenza uniforme ed antica. I sogni non si avverano mai e non appena li vediamo spezzati, comprendiamo a un tratto che le gioie maggiori della nostra vita sono fuori della realtà. Non appena li vediamo spezzati, ci struggiamo di nostalgia per il tempo che fervevano in noi. La nostra sorte trascorre in questa vicenda di speranze e di nostalgie. Mio marito morì a Roma nelle carceri di Regina Coeli, pochi mesi dopo che avevamo lasciato il paese. Davanti all'orrore della sua morte solitaria, davanti alle angosciose alternative che precedettero la sua morte, io mi chiedo se questo è accaduto a noi, a noi che compravamo gli aranci da Girò e andavamo a passeggio nella neve. Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese. Ma era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che m'è sfuggito per sempre, solo adesso lo so.”
Il seguente brano, tratto da Ritratto d’un amico, riguarda il grande scrittore Cesare Pavese:
“Il nostro amico viveva nella città come un adolescente: e fino all'ultimo visse così. Le sue giornate erano, come quelle degli adolescenti, lunghissime, e piene di tempo: sapeva trovare spazio per studiare e per scrivere, per guadagnarsi la vita e per oziare sulle strade che amava: e noi che annaspavamo combattuti fra prigrizia e operosità, perdevamo le ore nell'incertezza di decidere se eravamo pigri o operosi. Non volle, per molti anni, sottomettersi a un orario d'ufficio, accettare una professione definita; ma quando acconsentì a sedere a un tavolo d'ufficio, divenne un impiegato meticoloso e un lavoratore infaticabile: pur serbandosi un ampio margine d'ozio; consumava i suoi pasti velocissimo, mangiava poco e non dormiva mai.”
Nel seguente brano, tratto da Le piccole virtù, la scrittrice parla dell’educazione dei figli e dell’importanza delle “grandi virtù”:
“L'educazione non è che un certo rapporto che stabiliamo fra noi e i nostri figli, un certo clima in cui fioriscono i sentimenti, gli istinti, i pensieri. Ora io credo che un clima tutto ispirato al rispetto per le piccole virtù, maturi insensibilmente al cinismo, o alla paura di vivere. Le piccole virtù, in se stesse, non hanno nulla da fare col cinismo, o con la paura di vivere: ma tutte insieme, e senza le grandi, generano un'atmosfera che porta a quelle conseguenze. Non che le piccole virtù, in se stesse, siano spregevoli: ma il loro valore è di ordine complementare e non sostanziale; esse non possono stare da sole senza le altre, e sono, da sole senza le altre, per la natura umana un povero cibo. Il modo di esercitare le piccole virtù, in misura temperata e quando sia del tutto indispensabile, l'uomo può trovarlo intorno a sé e berlo nell'aria: perché le piccole virtù sono di un ordine assai comune e diffuso tra gli uomini. Ma le grandi virtù, quelle non si respirano nell'aria: e debbono essere la prima sostanza del nostro rapporto coi nostri figli, il primo fondamento dell'educazione. Inoltre, il grande può anche contenere il piccolo: ma il piccolo, per legge di natura, non può in alcun modo contenere il grande.”
RECENSIONI
Un commento autorevole al libro è certamente quello di Italo Calvino:
«In ogni pagina di questo libro c’è il modo di essere donna [di Natalia Ginzburg]: un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita… Tra i capitoli del volume si ricorda Ritratto di un amico, certo la piú bella cosa che sia stata scritta sull’uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza piú che mai struggente il senso dell’esperienza d’anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come Le scarpe rotte, un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come Silenzio e Le piccole virtú) d’una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d’un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d’una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, Lui e io, in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel piú affettuoso poema della vita coniugale.»
TRASPOSIZIONI E FILMATI
Sul Canale YouTube, digitando il titolo del libro sulla stringa di ricerca, è possibile visualizzare alcuni brevi filmati in cui vengono proposte letture di brani;
sul sito www.raiplayradio.it si possono ascoltare in dieci puntate letture tratte dal libro;
APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ
L’autrice, Natalia Ginzburg nata Levi, (1916-1991), è stata scrittrice, drammaturga, traduttrice e politica, una delle più autorevoli esponenti della letteratura italiana del Novecento. Esordì nel 1933 con il racconto I bambini, pubblicato sulla rivista Solaria. Da allora la sua produzione letteraria si intensificò progressivamente ed interessò diversi generi letterari, dal saggio, al romanzo, alle opere teatrali.
La raccolta completa de Le piccole virtù fu pubblicata per la prima volta dalla casa editrice Einaudi nel 1962, mentre i singoli racconti, ad eccezione di Lui ed io, erano già stati pubblicati in varie riviste italiane. Seguirono molte altre edizioni, di cui vengono di seguito riportate alcune immagini di copertina:
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26/06/2020 Pao.Tin.