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26 giugno - 31 ottobre 2020

Il Maggio dei Libri

Natalia Ginzburg, Le piccole virtù, Einaudi 2015

TRAMA

Il libro raccoglie undici memorie, scritte in un arco temporale molto lungo, per lo più considerate di genere ibrido, a metà tra il saggio ed il racconto, in cui l’autrice condensa riflessioni, ricordi, considerazioni personali:

Inverno in Abruzzo, (1944), in cui prevalgono i ricordi del periodo trascorso dall’autrice con i figli ed il primo marito, Leone Ginzburg, condannato al confino in Abruzzo;

Le scarpe rotte, (1945), in cui la scrittrice narra i momenti difficili trascorsi durante l’infanzia a Roma nel periodo dell’ occupazione tedesca;

Ritratto d’ un amico, (1957), in cui l’autrice parla del suo caro amico Cesare Pavese;

Elogio e compianto dell’Inghilterra, (1961), una sorta di reportage dell’Inghilterra laburista di quegli anni, in cui la Ginzburg si era trasferita con il secondo marito Gabriele Baldini;

La Maison Volpé, (1960), scritto come il precedente negli anni di soggiorno in Inghilterra, in particolare riguardo al cibo;

Lui e io, (1962), in cui l’autrice narra l’incontro ed il rapporto con il suo secondo marito;

Il figlio dell’uomo, (1946), in cui la scrittrice si immedesima nella generazione appena uscita dall’oppressione fascista e dalla guerra;

Il mio mestiere, (1949), in cui la Ginzburg parla del suo lavoro di scrittrice;

Silenzio, (1951), un saggio sul tema dell’incomunicabilità e della solitudine;

I rapporti umani, (1953), in cui l’autrice parla delle proprie relazioni con familiari ed amici;

Le piccole virtù, (1960), racconto che dà il nome all’intera raccolta, in cui la scrittrice affronta il tema delle virtù che influiscono sull’educazione dei figli.

 

PREFAZIONE di Adriano Sofri

 

Videolettura a cura di Paola Tinchitella

 

INCIPIT E BRANI SIGNIFICATIVI

Brani tratti dall’edizione Einaudi 1962.

Nell’incipit del primo racconto l’autrice descrive il paesaggio abruzzese:

“In  Abruzzo  non  c'è  che  due  stagioni:  l'estate  e  l'inverno.  La  primavera  è  nevosa  e  ventosa come l'inverno e l'autunno è caldo e limpido come l'estate. L'estate comincia in giugno e finisce in novembre. I lunghi giorni soleggiati sulle colline basse e riarse, la  gialla  polvere  della  strada  e  la  dissenteria  dei  bambini,  finiscono  e  comincia  l'inverno.  La  gente  allora  cessa  di vivere  per  le  strade:  i  ragazzi  scalzi  scompaiono  dalle   scalinate della   chiesa.   Nel   paese   di   cui   parlo,   quasi   tutti   gli   uomini   scomparivano  dopo  gli  ultimi  raccolti:  andavano  a  lavorare  a  Terni,  a  Sulmona,  a  Roma.  Quello  era  un  paese  di  muratori:  e  alcune  case  erano  costruite  con  grazia, avevano  terrazze  e  colonnine  come  piccole  ville,  e  stupiva  di  trovarci,  all'entrare,  grandi cucine buie coi prosciutti appesi e vaste camere squallide e vuote. Nelle cucine il fuoco era acceso e c'erano varie specie di fuochi, c'erano grandi fuochi con ceppi di quercia,  fuochi  di  frasche  e  foglie,  fuochi  di  sterpi  raccattati  ad  uno  ad  uno  per  via.  Era  facile  individuare  i  poveri  e  i  ricchi,  guardando  il  fuoco  acceso,  meglio  di  quel  che si potesse fare guardando le case e la gente, i vestiti e le scarpe, che in tutti su per giù erano uguali.

Al termine dello stesso racconto, la scrittrice riflette sul destino degli uomini e riporta la tragica esperienza della morte del suo primo marito:

C'è una certa monotona uniformità nei destini degli uomini. Le nostre esistenze si svolgono secondo leggi antiche ed immutabili, secondo una loro cadenza uniforme ed antica. I sogni non si avverano mai e non appena li vediamo spezzati, comprendiamo a un tratto che le gioie maggiori della nostra vita sono fuori della realtà. Non appena li vediamo spezzati, ci struggiamo di nostalgia per il tempo che fervevano in noi. La nostra sorte trascorre in questa vicenda di speranze e di nostalgie. Mio  marito  morì  a  Roma  nelle  carceri  di  Regina  Coeli,  pochi  mesi  dopo  che  avevamo  lasciato  il  paese.  Davanti  all'orrore  della  sua  morte  solitaria,  davanti  alle  angosciose  alternative  che  precedettero  la sua  morte,  io  mi  chiedo  se  questo  è  accaduto  a  noi,  a  noi  che  compravamo  gli  aranci  da  Girò  e  andavamo  a  passeggio  nella  neve.  Allora  io  avevo  fede  in  un  avvenire  facile  e  lieto,  ricco  di  desideri  appagati,  di  esperienze  e  di  comuni  imprese.  Ma  era  quello  il  tempo  migliore  della  mia vita e solo adesso che m'è sfuggito per sempre, solo adesso lo so.”

Il seguente brano, tratto da Ritratto d’un amico, riguarda il grande scrittore Cesare Pavese:

Il nostro amico viveva nella città come un adolescente: e fino all'ultimo visse così. Le sue giornate erano, come quelle degli adolescenti, lunghissime, e piene di tempo: sapeva trovare spazio per studiare e per scrivere, per guadagnarsi la vita e per oziare sulle  strade  che  amava:  e  noi  che  annaspavamo  combattuti  fra  prigrizia  e  operosità,  perdevamo  le  ore  nell'incertezza  di  decidere  se  eravamo  pigri  o  operosi.  Non  volle,  per molti anni, sottomettersi a un orario d'ufficio, accettare una professione definita; ma   quando   acconsentì   a   sedere   a   un   tavolo   d'ufficio,   divenne   un   impiegato   meticoloso  e  un  lavoratore  infaticabile:  pur  serbandosi  un  ampio  margine  d'ozio;  consumava i suoi pasti velocissimo, mangiava poco e non dormiva mai.

Nel seguente brano, tratto da Le piccole virtù, la scrittrice parla dell’educazione dei figli e dell’importanza delle “grandi virtù”:

L'educazione non è che un certo rapporto che stabiliamo fra noi e i nostri figli, un certo  clima  in  cui  fioriscono  i  sentimenti,  gli  istinti,  i pensieri.  Ora  io  credo  che  un  clima tutto ispirato al rispetto per le piccole virtù, maturi insensibilmente al cinismo, o  alla  paura  di  vivere.  Le  piccole  virtù,  in  se  stesse,  non  hanno  nulla  da  fare  col  cinismo,  o  con  la  paura  di  vivere:  ma  tutte  insieme,  e  senza  le  grandi,  generano un'atmosfera  che  porta  a  quelle  conseguenze.  Non  che  le  piccole  virtù,  in  se  stesse,  siano spregevoli: ma il loro valore è di ordine complementare e non sostanziale; esse non possono  stare  da  sole  senza  le  altre,  e  sono,  da  sole  senza  le  altre,  per  la  natura  umana  un  povero  cibo.  Il  modo  di  esercitare  le  piccole  virtù,  in  misura  temperata  e  quando sia del tutto indispensabile, l'uomo può trovarlo intorno a sé e berlo nell'aria: perché le piccole virtù sono di un ordine assai comune e diffuso tra gli uomini. Ma le grandi virtù, quelle non si respirano nell'aria: e debbono essere la prima sostanza del nostro rapporto coi nostri figli, il primo fondamento dell'educazione. Inoltre, il grande può  anche  contenere  il piccolo:  ma  il  piccolo,  per  legge  di  natura,  non  può  in  alcun  modo contenere il grande.

  

RECENSIONI

Un commento autorevole al libro è certamente quello di Italo Calvino:

«In ogni pagina di questo libro c’è il modo di essere donna [di Natalia Ginzburg]: un modo spesso dolente ma sempre pratico e quasi brusco, in mezzo ai dolori e alle gioie della vita… Tra i capitoli del volume si ricorda Ritratto di un amico, certo la piú bella cosa che sia stata scritta sull’uomo Cesare Pavese. E le pagine scritte subito dopo la guerra, che riportano con una forza piú che mai struggente il senso dell’esperienza d’anni terribili (e sanno pur farlo, serbando, come Le scarpe rotte, un quasi miracoloso senso del comico). Poi, le prove (come Silenzio e Le piccole virtú) d’una Natalia Ginzburg moralista, dove una partecipazione acuta ai mali del secolo sembra nascere dalla matrice d’un calore familiare. E soprattutto, perfetto capitolo d’una autobiografia in chiave obiettiva e ironica, Lui e io, in cui la contrapposizione dei caratteri si trasforma, da spunto di commedia, nel piú affettuoso poema della vita coniugale.»

  

TRASPOSIZIONI E FILMATI

Sul Canale YouTube, digitando il titolo del libro sulla stringa di ricerca, è possibile visualizzare alcuni brevi filmati in cui vengono proposte letture di brani;

sul sito www.raiplayradio.it si possono ascoltare in dieci puntate letture tratte dal libro;

 

APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ

L’autrice, Natalia Ginzburg nata Levi, (1916-1991), è stata scrittrice, drammaturga, traduttrice e politica, una delle più autorevoli esponenti della letteratura italiana del Novecento. Esordì nel 1933 con il racconto I bambini, pubblicato sulla rivista Solaria. Da allora la sua produzione letteraria si intensificò progressivamente ed interessò diversi generi letterari, dal saggio, al romanzo, alle opere teatrali.

La raccolta completa de Le piccole virtù fu pubblicata per la prima volta dalla casa editrice Einaudi nel 1962, mentre i singoli racconti, ad eccezione di Lui ed io, erano già stati pubblicati in varie riviste italiane. Seguirono molte altre edizioni, di cui vengono di seguito riportate alcune immagini di copertina:

edizione 1998   Edizione 2012      audiolibro ed 2019

 

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26/06/2020 Pao.Tin.

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