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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

4 - 10 maggio 2022

Rubrica sulla fantascienza

Care lettrici e cari lettori, questa settimana ci concediamo una piccola pausa lungo il sentiero che stiamo percorrendo per dedicare il nostro appuntamento ad un breve ma doveroso tributo alla figura di Valerio Evangelisti recentemente scomparso.

Valerio Evangelisti, per gli amici “So Long”, è considerato uno dei più noti scrittori italiani di fantascienza, fantasy e horror. Egli è certamente anche tutto questo, ma non solo: la sua figura e la sua opera sono difficili da declinare in modo univoco. Fantascienza? Romanzi storici? Horror? Fantastico? Western? Avventura? Quanto ha senso costringere la sua narrazione in una sola definizione? La risposta ce la dà lui stesso: “sono orgoglioso del fatto che i librai abbiano difficoltà a collocare le mie opere in un settore specifico”. La forza del suo scrivere l’ha potuta cogliere solo chi ha saputo guardare più in alto, oltre le convenzioni pietrificate. 

Militante, scrittore, anzi maestro di scrittura, saggista, fondatore della webzine Carmilla on line, Evangelisti, sulla scorta di autori come Dick, Spinrad, Farmer, Ballard, Moorcock, rielabora il genere, introducendo tematiche esplicitamente sociopolitiche, riflessioni introspettive o contaminazioni con il fantastico puro, l’horror, il poliziesco o il genere avventuroso tout court. Senza la sua inesausta opera di radicalità narrativa e poetica, di incisività intellettuale e di presenza storica, la generazione letteraria contemporanea non sarebbe quella che è.

Dopo i testi di natura storiografica, nel 1990, Evangelisti cominciò a dedicarsi alla narrativa. Nel 1994 esordì con il suo primo romanzo, Nicolas Eymerich, inquisitore. Da quel momento, ridusse progressivamente il lavoro di funzionario statale, per diventare scrittore a tempo pieno. Era una scommessa non facile, ma la superò. Da allora riuscì a vivere solo di ciò che scriveva, senza introiti a margine.

I suoi romanzi gli valsero il “Grand Prix de l’Imaginaire” nel 1998 e il “Prix Tour Eiffel” nel 1999, mentre nel 2000 vinse il “Prix Italia” per la fiction radiofonica. Nel 2001 fece parte della delegazione ufficiale degli scrittori italiani al Salon du Livre di Parigi. La produzione letteraria di Evangelisti, pur avendo tutte le caratteristiche della “genialità artigiana” nell’uso e nell’assemblaggio delle parole, ha sempre avuto dei ritmi che avrebbero fatto invidia alla catena di montaggio fordista.

Egli possedeva la genialità di costruire e animare storie di fantasia e nello stesso tempo di farci riflettere sulla realtà. Questo era il suo dono, che esercitava con metodo e fatica. Già anche fatica perché scrivere era per lui anche un lavoro operaio meticoloso, fatto di ricerche e documentazioni vastissime, di cui poi solo una parte finiva nel racconto. Come la punta dell’iceberg rispetto all’enorme massa che la sostiene. Nei suoi testi – tutti, dai romanzi, alle prefazioni, ai saggi – viveva e si faceva largo il  mondo di chi si riconosceva in una appartenenza di classe, in un anelito di riscatto e giustizia sociale. Ciò che li rendeva così convincenti, oltre che coinvolgenti, era la frequente adozione del punto di vista di chi quel mondo lo combatteva e lo combatte. E che nondimeno ne veniva affascinato, attratto, succube della propria incapacità di immaginarne un altro ed emanciparsi da ogni grettezza ed individualismo.

Con la sua immaginifica produzione editoriale, ha dimostrato di essere “parte in causa” nei conflitti sociali contemporanei. La sua figura di “scrittore militante” è stata un incomparabile punto di incontro tra generazioni diverse. La sua sensibilità, la sua ricerca, la sua creatività, la sua immaginazione non sottomessa, il suo uso del linguaggio sono stati linfa vitale per chi, come si scriveva un tempo sui muri, “cospirare vuol dire respirare assieme”.

Valerio Evangelisti ha costantemente parlato degli altri, soprattutto dei più deboli, il suo è stato un continuo peregrinare tra povertà e disgrazie, angherie e sfruttamenti, scintille sociali e repressioni, solo una volta in vita sua, in suo testo, ha parlato di se stesso. Lo ha fatto nel 2013, con il libro Day Hospital. In quel testo, tanto diverso da tutti gli altri suoi lavori, raccontò il calvario degli esami e delle sedute di chemioterapia. Poi, con la dovizia di particolari di chi alla narrazione era abituato, descrisse le giornate e le persone del reparto di oncologia dell’ospedale, gli effetti dei farmaci, le ricerche su internet, la “birroterapia”, gli amici veri e quelli troppo invadenti o troppo assenti e soprattutto la funzione terapeutica della scrittura notturna. Era il racconto di un’esperienza di vita, il semplice racconto di una storia non semplice.

A lui siamo grati per averci insegnato che la storia e la narrativa si possono intrecciare in modi bellissimi; che la fantascienza può parlare delle lotte del presente; che la rivoluzione ha tante forme e l’importante è tentarla. Valerio Evangelisti è il rivoluzionario che con le sue storie ci ha sedotti ma mai abbandonati. Chi volesse approfondire l’opera letteraria di Valerio Evangelisti può consultare l’elenco bibliografico dei suoi libri presenti nelle Biblioteche di Roma.

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