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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

26 gennaio - 1 febbraio 2022

Rubrica sulla fantascienza

Care lettrici e cari lettori, per esplorare l’intrinseco rapporto tra fantascienza, robotica ed informatica iniziamo questo nostro nuovo viaggio andando a teatro. Il 25 gennaio 1921, al Teatro nazionale di Praga va in scena una pièce tratta dall’opera teatrale R.U.R., un dramma collettivo in un prologo comico e tre atti dello scrittore ceco Karel Čapek, pubblicato per la prima volta nel 1920. In quest'opera per la prima volta compare il termine robot. Il titolo dell’opera è un acronimo che si scioglie in Rossum’s Universal Robots.

Ciascuno di questi termini racchiusi nel titolo ha una carica simbolica fondamentale. Andando con ordine, il termine “Rossum”, nome in cui si identificano i due protagonisti principali, rimanda al termine ceco rozum, ovvero “ragione”. La seconda parte, costituita da “Universal”, cela invece una critica al mondo delle multinazionali che si andava a costituire proprio negli anni in cui Čapek concepisce l’opera. Infine, il titolo presenta la “R” di “robot”, termine al giorno d’oggi conosciuto e di uso comune, ma che negli anni ‘20 era una novità assoluta, un neologismo creato ad hoc per l’occasione. Il termine robot deriva dallo slavo robota, che significa “corvè”, “lavoro forzato”.

È curioso che oggi con questa parola si indichi di solito un “organismo meccanico”, mentre i robot immaginati da Čapek sono in realtà “replicanti”, creature umanoidi costituite da materia organica amalgamata alla struttura dell’androide con modalità che lasciano trasparire in nuce la progettualità dell’ingegneria genetica. Čapek crea un genere. I robot dilagano, crescono, si complicano: soprattutto nella fantascienza. I robot sono creazioni che permettono di progredire fino a superare il limite imposto alla condizione umana. Il pericolo per l’uomo, però, come fa notare Čapek , giace a un passo oltre questo limite. Difatti, è proprio la meraviglia stessa del progresso a tramutarsi in un’orrenda disgrazia. La prospettiva iniziale viene completamente stravolta: l’uomo, animato dal sentimento derivato dalla realizzazione del sogno, sprofonda nella dimensione dell’incubo.

Globalmente, R.U.R. si pone come un ammonimento della società tecnologica che, quando perde il controllo degli strumenti che costruisce, può vedere stravolto il proprio ruolo, passando da dominatore a dominato. La visione fortemente distopica di Čapek ha posto in rilievo le paure che agitano l’uomo al cospetto delle macchine fuori controllo, destinate a trasformarsi da robota in padrone assolute della nostra vita. Che si tratti di androidi come quello descritto da Fritz Lang nel film Metropolis, o dell’avanzato computer di 2001: odissea nello spazio di Stanley Kubrick, per l’osservatore non addetto ai lavori non vi sono differenze: la macchina-umana è sostanzialmente un pericolo. Naturalmente, per la maggioranza di noi, l’immagine che scaturisce è quella di un essere che, prima o poi, finisce per porsi in conflitto con l’uomo del quale dovrebbe essere docile servitore. Con R.U.R. Čapek mette in scena una riflessione sulle paure ancestrali che l'uomo del XX secolo prova di fronte alla rapidità senza precedenti con cui il progresso scientifico avanza.

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