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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

15 - 21 dicembre 2021

Rubrica sulla fantascienza

Care lettrici e cari lettori, abbiamo deciso di dedicare gli ultimi due appuntamenti che ci separano dall’inizio di un nuovo anno fantascientifico, a due testi da poco acquisiti dalla nostra biblioteca. Iniziamo subito con il romanzo d’esordio di Sabina Guzzanti: "2119. La disfatta dei Sapiens".

Dopo i successi a teatro, al cinema, alla televisione, Sabina Guzzanti esordisce come narratrice. Lo fa con un romanzo che da un lato guarda alla grande letteratura distopica classica e dall’altro affronta temi di straordinaria modernità, quali il mutamento climatico, la concentrazione della ricchezza, la dipendenza dalla tecnologia. Nel 2119 il disastro è già avvenuto: una serie di catastrofi climatiche e pandemie ha trasformato il mondo e sul pianeta Terra va in scena un futuro indesiderabile che minaccia di sfociare nella fine della specie umana, autodefinitasi “sapiens”.

Sono poche le terre emerse, milioni i migranti climatici, poche migliaia i detentori del potere e delle ricchezze che vengono elargite come fossero elemosine in cambio dell’assoggettamento “gentile” al sistema informatico che consente ai più ricchi di continuare a monopolizzare il potere attraverso l’accumulazione dei dati. Ma c’è chi lavora per la salvezza, verso una possibile ecotopia: una piccola redazione di giornalisti dissidenti resiste cercando di svelare le apocalittiche manovre del consorzio di multinazionali al potere. Ironico, visionario, profetico, con la sua consueta arguzia Sabina Guzzanti coglie questioni fondamentali e ci consegna un romanzo di fantascienza speculativa che esplora mondi possibili e modi possibili per gli umani per coabitare tra loro e con il pianeta.

Il suo lavoro di scrittrice consiste nell'immaginare come si possa costruire un mondo diverso e per fare questo ci accompagna lungo percorsi apparentemente secondari ma che, come tanti ruscelli, conducono ad una realtà nuova da cui ripartire. Lo sguardo di Sabina, acuto e divertito, come nella miglior tradizione della fantascienza speculativa, ci aiuta a rimettere in prospettiva le cose e chissà, magari a distrarci cinque minuti dalle notifiche dei nostri smartphone. Chiuso il libro, resta la voglia di disegnare nella realtà percorsi che conducano oltre lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla natura. In un’intervista rilasciata a Marinella Correggia e pubblicata da «L’extraterrestre», l’inserto che esce ogni giovedì con il quotidiano «il manifesto», alla domanda se ci fosse ancora tempo per scongiurare la distopia compiutasi nel romanzo, la risposta di Sabina è perentoria: «Finché siamo vivi dobbiamo provarci. Rinunciare è peccato».

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