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Il futuro non è più quello di una volta

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Il futuro non è più quello di una volta

6 - 12 ottobre 2021

Rubrica di fantascienza

Care lettrici e cari lettori, nell'ambito del nostro viaggio attraverso le trame amorose della fantascienza, concludiamo il breve focus dedicato al tanto discusso quanto amato Theodore Sturgeon con un'altra opera che mette in discussione le nostre più radicate convinzioni e sicurezze in tema di affetti, sentimenti, emozioni e rapporti interpersonali.

Iscritto d’ufficio nel filone della “fantascienza sociologica”, “Venere più X” è uno dei pochissimi romanzi scritti da Sturgeon, maggiormente dedito alla composizione di racconti brevi. Uscito nel 1960, dopo essere stato più volte rifiutato da varie riviste, esso è valso al suo autore il soprannome di “Steamy Ted”, Ted a luci rosse, a causa della sua tematica sicuramente scabrosa, anche se non superficialmente dissacrante. Theodore Sturgeon ha costruito un’opera che scava nelle nostre coscienze, indagando senza pietà sino al fondo della storia umana'.

Quasi all’inizio di "Venere più X", dal nulla e senza preavviso, appare uno specchio, perché questo fa Sturgeon: ci costringe “faccia a faccia con noi stessi”. Risveglio difficile per Charlie Johns, un uomo qualsiasi, che si trova scaraventato nella civiltà dei Ledom. Umani. Eppure incomprensibili: religione, bambini, valori, scienza… tutto è diverso da quel che Charlie conosce. Rappresentano il nostro futuro o un altro sentiero dell'evoluzione parallelo al nostro?

Gli indecifrabili Ledom impongono a Charlie una riflessione critica sul proprio mondo. È l'inizio di un lungo viaggio fra le meraviglie di un mondo nuovo: alcuni tratti sociali dei Ledom sono così affascinanti da risultare immediatamente auspicabili, ma per Charlie le sorprese non saranno tutte piacevoli. La società dei Ledom può essere considerata un Model? La tanto sognata Utopia si è finalmente realizzata? Non propriamente. “C’è del marcio anche a Ledom”.

“Venere più X” ha una struttura molto irregolare: alla storia principale, quella di Charlie Johns e dei Ledom, si alterna, come in un montaggio cinematografico a continue dissolvenze incrociate, la vicenda di due famiglie borghesi americane degli anni Cinquanta, nella loro quotidianità banale e ricca di luoghi comuni, soprattutto sul matrimonio, sul rapporto uomo-donna, sull’educazione dei figli. L’intento scopertamente didascalico di Sturgeon è quello di far balzare agli occhi uno spietato confronto tra l’Utopia edenica dei Ledom e il piattume indesiderabile dell’american way of life. Il vero cuore pulsante dell’opera è un’analisi incredibilmente attuale dell’umanità e della sua tendenza alla ricerca spasmodica della superiorità nei confronti del diverso, del più debole; e della tendenza a cercare differenze sostanziali all’interno di categorie che, a ben guardare, non differiscono eccessivamente tra loro, al solo scopo di alimentare il bisogno di prevaricare sul proprio simile. Diversi colpi di scena inoltre inducono il lettore a cambiare spesso chiave di lettura, e in particolare il finale suggerisce in modo velato, e in senso figurato ma netto, un dubbio: i Ledom sono già fra noi o sono i nostri eredi?

Il compito della buona fantascienza è «svegliare il mondo sull’orlo dell’impossibile» ha scritto Sturgeon. Se per farlo ha dovuto pagare un alto prezzo di censura, insulti, mancate pubblicazioni e ghettizzazione, ciò conferma solo la forza di quella intolleranza che ha cercato sempre di smontare.

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