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Il futuro non è più quello di una volta

6 - 19 luglio 2021

Rubrica di approfondimento

Care lettrici e cari lettori, continuiamo il nostro viaggio attraverso le trame amorose della fantascienza con un altro racconto di Robert Sheckley. Per circa un trentennio Sheckley fu, com’è stato saggiamente definito, un “rabdomante” delle storie: quando puntava la sua bacchetta, questa, quasi subito, vibrava facendo sgorgare acque purissime e mai viste prima. Ancora una volta l'immaginario fantascientifico è solo un espediente per farci precipitare negli spazi abissali dell'universo umano.

Nel racconto “Il linguaggio dell'amore”, pubblicato per la prima volta nel 1957, Sheckley affonda la lama nel problema delle definizioni e della comunicazione verbale fra innamorati. Il giovane protagonista Jeff Toms è perdutamente innamorato di una donna, ma non è in grado di esprimerle i suoi sentimenti. L'unico suo scopo è quello di poter riuscire a dire, con parole perfette, quale sia la reale portata del proprio amore nei confronti della donna amata. Espressioni quali “ti amo”, “ti adoro”, “sono pazzo di te” non esprimono minimamente la profondità e il fervore dei suoi sentimenti. Venuto a sapere che su un pianeta lontanissimo, oltre i bordi della galassia conosciuta, esiste una razza aliena che ha creato un linguaggio in grado di poter esprimere ogni reale sfumatura dei sentimenti umani, decide di partire. Raggiunta la meta, dopo innumerevoli peripezie, tra il “servizio consulenza per problemi amorosi” e la “casa per ritardati sentimentali”, Jeff trova infine il gigantesco palazzo degli “affari generali dell'amore” dove, sotto la guida di un anziano terrestre trasferitosi lì da decenni, impara “tutto quel che c'è da dire”.

Quando ha ben appreso anche “le cinquecento sfumature del Vero Amore, dalla prima vaga possibilità al sentimento assoluto”, il nostro protagonista si sente pronto per tornare sulla Terra. Ora sa. Ora conosce le parole perfette per poter esprimere, senza tema di fraintendimenti, quello che prova nel profondo del proprio cuore. Quando si trova al cospetto della donna amata può finalmente coronare il suo sogno pronunciando le parole: «Mia cara, ti sono piuttosto affezionato».

Noi non andiamo oltre, chi vuole conoscere gli sviluppi della storia la può trovare nella raccolta “La Decima Vittima”, pubblicata nel 1965. Lo sappiamo, l’irriverente ironia di Sheckley è sempre pungente, ma cosa ha voluto dirci con questa storia? Ha voluto banalizzare il “grande amore”, negandone l'esistenza? Oppure ha voluto esprimere una condanna nei confronti di quei “ritardati sentimentali” che, al pari del protagonista, invece di viverselo, l'amore, lo piantano in asso per andare ad inseguire il proprio egoismo e la propria vanità? Voi per quale ipotesi propendete? Il bisturi di Sheckley è affilatissimo, ma si ferma in superficie. Altri dopo di lui proveranno a spingersi più in profondità.

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