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BILLonline - Viki che voleva andare a scuola
Il Maggio dei Libri
Al n. 97 della Bibliografia BILL Biblioteca della Legalità troviamo:
Fabrizio Gatti, Viki che voleva andare a scuola, Rizzoli 2003
TRAMA
Protagonista del romanzo, ispirato ad una storia vera, è Viki, un bambino albanese che arriva in Italia insieme alla mamma e alla sorella per raggiungere il papà, che lavora nel settore dell'edilizia. Il ragazzo affronta il viaggio con molte speranze, poiché crede che in Italia il benessere sia garantito a tutti, avendo visto uno spot pubblicitario in cui perfino i gatti mangiano in un piatto d'argento. Una volta arrivato, comprende ben presto che i suoi sogni sono irrealizzabili. Il papà, pur esercitando un lavoro onesto, non ha il permesso di soggiorno e quindi non può acquistare una casa né prenderla in affitto, pertanto sono costretti a vivere in una baracca alla periferia di Milano. Qui regnano i topi, il freddo, la sporcizia, gli odori nauseabondi che provengono dalle fogne, così come il timore di essere scoperti dalla polizia e rimpatriati. Nonostante le enormi difficoltà, Viki non demorde, è determinato a sopportare tutto pur di raggiungere il suo scopo: studiare. Per assecondare questo grande desiderio del ragazzo, il papà parla con alcune maestre di una scuola vicina, disposte ad accoglierlo in classe. All'inizio è dura per Viki, poiché non sa parlare l'italiano, si sente emarginato, non può giocare come gli altri, ma pian paino tutto cambia. Superato lo scoglio della lingua, inizia a socializzare con i compagni, trova nuovi amici e scopre che la scuola riesce a dargli l'accoglienza e la cittadinanza che la legge italiana non ha saputo concedergli.
PREFAZIONE
La prefazione al libro è curata da Gian Antonio Stella, giornalista del Corriere della Sera e scrittore. Di seguito i passaggi più significativi:
“[...] Un nome italiano: basterebbe un nome italiano a Viki, il bambino intorno al quale ruota il romanzo di Fabrizio Gatti, per farne un piccolo eroe in grado di toccare il cuore di tutte le mamme del nostro paese delle mamme. Quel paese che si commuove per ogni storia tragica, triste, melodrammatica o telepiagnona che coinvolga uno dei suoi figlioletti e spesso non vede i figlioletti degli altri. Un paese che trova in qualche modo normale che una legge ostacoli il più possibile il desiderio di chi è immigrato in Italia per farsi raggiungere dalla moglie e dai figli. Che sbuffa infastidito davantio agli appelli all'accoglienza del Papa o dei preti di frontiera. […] Un paese che ha dimenticato tutto. Che si rifiuta di ricordare che anche noi italiani siamo stati clandestini e siamo emigrati illegalmente almeno in quattro milioni.[...] Ecco perché è importante questo libro. Perché Fabrizio Gatti, attraverso la storia di Viki, un bambino albanese che parte da un villaggio cattolico nel nord del suo paese per raggiungere clandestinamente, con la mamma Mara e la sorellina Brunilda, il papà, emigrato in Lombardia, racconta la storia di milioni di persone. Cingalesi e tedeschi, marocchini e italiani, irlandesi e cinesi, polacchi ed egiziani, ghanesi e spagnoli: tutti diversi gli uni dagli altri per colore della pelle, religione, cultura, cucina, tradizioni. Tutti partiti in momenti diversi o secoli diversi seguendo diversi percorsi. Eppure tutti uniti dallo stesso destino. Segnati dagli stessi incubi. Insultati con gli stessi stereotipi. Accompagnati dagli stessi pregiudizi. Affascinati dagli stessi sogni. […] È durissima, la vita di Viki e Brunilda tra il fango, i topi e la paura. Eppure anche da questa storia, nata dalla ricostruzione di una vicenda assolutamente vera, esce con forza un messaggio niente affatto pessimista. E non solo perché qua e là spuntano figure di italiani ricchi di generosità come lo furono verso di noi migliaia e migliaia di americani e australiani e argentini e francesi. Ma soprattutto perché il piccolo Viki, laggiù in fondo mal suo percorso di sofferenza e di angosce, ha ben chiaro il punto di arrivo: andare a scuola. Crescere. Imparare. Diventare un buon cittadino del paese di cui nonostante tutto è innamorato. Un paese che un giorno, lui lo sa, riuscirà ad accettarlo. E a farlo sentire finalmente a casa sua. Come i nostri vecchi, dopo viaggi interminabili attraverso le montagne e i mari e le ostilità, riuscirono infine a sentire che il Canada o il Brasikle o l'Inghilterra erano via via diventati un po' loro.”
INCIPIT E BRANI SIGNIFICATIVI
Nell'incipit il protagonista si interroga sulla opportunità di collocarsi tra gli europei o tra i cosiddetti “fantasmi”. L'interrogativo sorge da un tema assegnato come compito per le vacanze dalla sua insegnante di storia e geografia:
“E i fantasmi? Dove li mettiamo i fantasmi? Tra gli europei o la gente dell'altro mondo? Bella domanda. Non so nemmeno dove mi devo mettere io. Tra gli europei? O tra i fantasmi? C'è ancora un mese di tempo, ma non credo c he per la fine dell'estate riuscirò a trovare una risposta. Adesso ho davanti a me un quaderno bianco, vuoto, a parte queste poche righe. Perché proprio non riesco a pensare a qualcosa di sensato da scriverci sopra. È stata un'idea della professoressa di storia e geografia. Un tema per le vacanze. Titolo: - Vecchi e nuovi mondi: gli europei nel mondo, gli stranieri in Europa - . Che titolo, da dare a uno che deve cominciare la seconda media. L'ultimo mese a scuola ci ha chiesto di proporre una soluzione per sottrarre alla guerra i bambini dell'Africa, o i bambini della Palestina e di Israele. Dopo due ore, io sul foglio avevo scritto una sola parola: scappare. Ho preso insufficiente. Nel giudizio c'era scritto che avevo svolto l'argomento con inaccettabile pigrizia. E perché? Scappare dalla propria casa è una scelta da pigri? Mio papà Zef è scappato. Mia mamma Mara è scappata. Io e la mia sorellina siamo scappati. Noi siamo albanesi. Albanesi del Nord. E dove li devo mettere gli albanesi: tra gli europei o tra gli stranieri? Noi siamo abitanti del vecchio mondo o del nuovo mondo?”
Nel seguente estratto, la nonna dona a Viki un libro prima della partenza per l'Italia, spiegandogli che un tempo quel libro avrebbe voluto leggerlo lei per imparare l'italiano e che ora lasciava a lui questa importante eredità:
“ - Questo è per te - dice la nonna. - Hai imparato l'italiano dalla televisione, ma adesso che vai in Italia devi imparare a leggerlo bene. Io ci ho provato da ragazza, di nascosto, perché allora non si poteva studiare una lingua straniera. Il mio papà mi aveva trovato questo libro perché mi esercitassi, l'aveva pagato tanto. Ma poi ho conosciuto il nonno, l'ho sposato e sono rimasta a lavorare con lui nelle campagne. Addio sogno di imparare l'italiano e, chissà, di scappare in Italia. Ma adesso ci stai riuscendo tu. Il mio sogno diventa tuo. -”
Nel seguente brano Viki confida alla mamma i suoi timori ed il suo disagio, dopo il primo giorno di scuola in Italia:
“ - Mamma. Io ho paura di non farcela. Io non capisco niente di quello che dicono le maestre. E i bambini italiani parlano così in fretta che non riesco a capire nemmeno le parole più facili.- - Ma tesoro, è solo il primo giorno.- - Io ho paura, mamma. Qui non posso farmi nuovi amici, in classe sono tutti italiani, tranne uno. Hanno tutti una casa. Non c'è nessuno con cui parlare o giocare. Anche nell'intervallo sono rimasto solo. Ho raccolto bastoncini in giardino.-”
RECENSIONI
Recensione da LeggendoLeggendo
APPROFONDIMENTI E CURIOSITÀ
L'autore, nato nel 1966 a Milano, scrittore e giornalista di diverse testate importanti, tra cui Il Giornale, Il Corriere della Sera e, dal 2004, l'Espresso, ha vinto il Premio Letteratura Ragazzi Elsa Morante con il romanzo L'Eco della frottola, pubblicato nel 2010.
Il libro è stato pubblicato in varie edizioni. Di seguito le immagini di copertina:
Rizzoli, 2003 Fabbri, 2006 Rizzoli, 2015
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23/09/2020 Pao. Tin.